Thursday, November 20, 2008

La criatura

LukyLuke ya llevaba algunos meses en el Nuevo Mundo.
Últimamente pero empezaba a notar que una enorme criatura le estaba mirando de cerca.

Si se concentraba podía hasta escuchar su respiro, un leve roncar que el aire producía al pasar por la inmensa garganta del animal.

Debía de andar con la boca entreabierta: a veces el viento llevaba hasta a LuckyLuke un fuerte olor de cueva. El imaginaba que venia desde el interior del bicho .

LuckyLuke no sabia decir desde cuando había tenido esa sensación que la criatura le controlaba, le estudiaba, miraba como se estaba portando.

Se sentía examinado de cerca y cada gesto que hacia iba tomando un rígidez como si cuidara mucho no equivocarse.

Durante las noches de lluvia el Bicho soplaba hacia LukyLuke aire caliente, para que no se asustara demasiado, para que no se desanimara y sintiera que tenia algun amigo en aquel rincon del planeta.

En los días de sol aveces la criatura le hacia sombra con sus enormes patas , otras veces las movía en circulo como ventilador y producía molinillos que levantaban las hojas secas
y le acariciaban la cara a LukyLuke.


Día tras día LuckyLuke tenia mas ganas de ponerle cara y nombre a esa criatura misteriosa.

Fue el día que vio las hojas en el rio moverse ordenadas hacia la Mar que decidio' ponerle Naturaleza

Sin Madre, que LukyLuke ya tenia otra Madre, pero si Naturaleza, amiga, peligrosa y desconocida,
pero tan presente y enorme que frente a ella LukyLuke se veia hormiga.

Wednesday, November 12, 2008

Le canne lungo il fiume

LuckyLuke adorava il rumore del fiume. Avrebbe passato intere giornate seduto lungo la riva guardando l'acqua sfiorare le canne mescolare il fango e poi scappare verso il mare.
Pensava alle foglie, nate chissa' dove trasportate dalla corrente fino li' e gia' di nuovo lontane. Seguendo la scia di una foglia alzo' lo sguardo. Una coppia seduta su una panchina discuteva animatamente. Il figlio si dondolava cigolando su di una altalena arruginita.

Ad ogni oscilazione si spingeva piu' su come cercando quella quota a cui i suoni perdono forma e le parole si confondono con il fruscio del vento mescolate alle nuvole.
LukyLuke aveva l'impressione che se non fosse stato per quelle catene prima o poi ce l' avrebbe fatta e sarebbe diventato foglia o uccello o zanzara che a ben vedere poi sono la stessa cosa, esseri che vagano senza una meta fissa trasportati da flussi che li trascendono.
Quelle catene invece lo trattenevano, cosi' non ce l'avrebbe mai fatta.

Il figlio sembrava ignorarle e strappava con rabbia dando colpi di reni sempre piu' marcati verso l'alto.
LuckyLuke si avvicino' deciso ad aiutarlo. A intervalli regolari apriva le mani le appoggiava sulle spalle del bambino e spingeva piu' forte possibile.

Il ticchettio sordo del fermo che impediva alla altalena di compiere una rivoluzione intera contava un tempo sincopato ora piu' rapido ora piu' lento.
Urtando contro il fermo la cerniera smorzava la spinta, la catena si afflosciava in un ultimo tentativo di continuare a girare e tornava a cadere.

LuckyLuke noto' la presa di una mano sulla spalla che cercava di tirarlo indietro. Non cosi',
la madre lo guardava contrariata, vista da vicino era davvero una bella donna. Il viso segnato dagli anni ma uno sguardo intenso, deciso.
Cosi' spingi troppo forte, l'altalena potrebbe rompersi.
Mentre cercava di scostasrlo si udi' un crepito secco e i due si girarono appena in tempo per vedere la sedia dell' altalena schizzare via dai perni e catapultare il bambino dentro il fiume.

L'acqua fangosa lo inghiotti' , per risputarlo chissa' dove dopo averlo trascinato e convinto che sarebbe stato meglio spingere un po' meno.
Ma ormai era troppo tardi.


LukyLuke guardo' la madre negli occhi ma lei torno a spingerlo questa volta riuscendo a schivarlo e ad afferrare una delle catene dell'altalena. Il bambino era di nuovo li'. Ll'inerzia dell'altalena fece vacillare la madre che si contrasse e riprese subito l'equilibro. Smorzo' il movimento e l'altalena si fermo con una piroetta mentre il bambino descriveva strani cerchi, come quelli di una foglia che cade in autunno.


LuckyLuke non capi' quale dei due bambini, fosse quello reale, quello che veniva trascinato dalla corrente lontano, o quello che smetteva di volare e tornava verso la panchina per mano alla mamma. Decise di non farci troppo caso si alzo' e riprese a camminare.


Non aveva una meta precisa, era domenica, e non aveva nulla da fare. Tutto intorno il mondo brulicava di gente che sembrava avere un qualche impegno importante, chi sfrecciava in bicicletta chi semplicemente camminava parlando con un amico. Decise di unirsi al gruppo di persone ferme alla fermata dell' autobus.

LukyLuke si sedette. Aveva l'impressione di dare meno nell' occhio seduto che in piedi.
Perfino quando la fermata si svuotava all'arrivo di un autobus lui restava seduto e fingeva di aspettarne un altro, il quarantancinque, non il quindici.

Poco a poco il sole scendeva, le cose si tingevano di arancio e le ombre dei passanti si allungavano assonnate. LukyLuke pensava lontano, se esiste una distanza nel mondo dei pensieri.

Pensava ai caffe' alle vie piene di gente della domenica pomeriggio, alle domeniche sere al Limon Negro per poi arrivare a casa sudato.
Pensava a come di la' non fosse cambiato niente, a come di qui non fosse cambiato niente, pensava alle canne lungo il fiume che chissa' se si accorgono delle foglie trascinate dalla corrente.

Sunday, November 2, 2008

Jacaranda

LuckyLuke si trovo' di fronte a un grande Jacaranda in fiore.



I suoi petali viola venivano staccati dal vento e formavano un
tappeto su cui la gente camminava ammirata.



Jacaranda aveva trascorso molti anni nel nuovo mondo.
Forse vi era addirittura nato, ma non i suoi genitori
che dovevano aver parlato qualche strana lingua nativo-americana
prima di essere convertiti con il sangue allo spano-portoghese.

Jacaranda sembrava impassibile al vento che gli scuoteva i rami,
agli uccelli che vi si posavano
e agli studenti che lo usavano come
nascondiglio per fare l'amore.

LuckyLuke voleva spandere
come Jacaranda
profumo e colore per il nuovo Mondo.

L'ammirazione fu tale che si allontano' a testa bassa da Jacaranda.
Prima di rientrare in ufficio
decise di sdraiarsi per alcuni minuti sotto il sole, per fare il pieno.
L'aria era ancora fredda
ma i raggi erano bollenti e lo facevano fremere di piacere.
Chiuse gli occhi.

Passo' uno studente cinese, lo guardo' e disse:
"Attento il sole brucia e fa venire il cancro".
LukyLuke apri' gli occhi ma per alcuni secondi rimase abbagliato,
il sole era talmente forte che perfino ad occhi chiusi l'aveva accecato.

Sorrise , aspettando paziente di recuperare la vista.
Quado il mondo riprese forma si trovo' solo in mezzo al prato.
Non avrebbe mai saputo la reazione di quello studente al suo sorriso.
Pensandoci bene,
non avrebbe mai saputo se quello studente fosse davvero esistito.

Appogio' le mani al suolo,
fece leva per alzarsi ed camminando si avvio' verso l' ufficio.

Friday, October 24, 2008

Los amigos de la casa

Cerca de la casa de LuckyLuke pasan trenos



Y el ruido deja todos sus amigos en la casa
sin palabras

Saturday, October 4, 2008

Huellas

Esta son sus huellas,
una bici pequenha



y una grande



Un libro una almoahda de mar
y una mosquitera



La misma mosquitera de siempre
que ya conoce medio mundo y toda la familia.

Un libro una almohada una mosquitera y una lampara.
Una lampara de ojas de casa, la antigua.



Y ella se refleja en el suelo de casa.
La nueva,
la nueva casa de LukyLuke diqui.

Monday, September 29, 2008

Il primo mattone

Lucky Luke raddrizzo' la schiena.
Non capiva quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che l'aveva fatto.
A giudicare dal dolore all'altezza dei reni e dalla pesantezza delle braccia dovevano essere passate diverse settimane.

Per un attimo gli si annebbio' la vista in una dissolvenza a nero ma subito il mondo riprese a splendere nel sole di mezzogiorno.

Intorno a lui non si sentiva altro che il ronzio dei grilli interrotto a tratti dal gracchiare rauco di un corvo impertinente.

Era tutto sudato,
si asciugo' la fronde con il palmo della mano e osservo' quell'unico mattone che aveva posato a fatica.
Era solo il primo penso'.

Essere il primo di molti lo rendeva insignificante, nessuno avrebbe notato un singolo mattone al centro della distesa di terra battuta.

Quel mattone pero' per LukyLuke aveva un fascino speciale, lui sapeva che un solo mattone non era finito li' per caso qualcuno doveva averlo posato e quel qualcuno era LukyLuke.

LukyLuke si senti' orgoglioso.
Si sedette , distese le gambe e socchiuse gli occhi.

Sulla strada di fronte si fermo' una jeep.
Una vecchia Toyota con argano e portapacchi.
Sembrava venire dall'interno del paese, forse dal deserto.

Ne scese un ragazzo sulla ventina, biondo dalle spalle larghe.
Lo guardo' dritto in faccia e gli disse con un ampio sorriso:
"Bel lavoro amico!"

LuckyLuke si scherni': "Ma dai, e' solo un mattone".

Il ragazzo gli tese una mano e con l'altra gli diede una pacca sulla spalla :
"E' il tuo primo mattone, amico, ottimo lavoro".

Poi parlarono di altro.
Il ragazzo racconto' entusiasta di come si modifica un motore per farlo andare a olio del Mc Donald.
LukyLuke ascoltava sbalordito, quel ragazzo la sapeva lunga.

Questi accese la jeep, saluto' e scomparve lasciando dietro a se' un intenso odore di pesce fritto.

LukyLuke torno a sedersi e stappo' la borraccia.
Trangugio' l' acqua fresca.
Dila' un giorno cosi' caldo sarebbe stato estate.

Di qui era solo primavera.
Durante la notte, venti freddi gli congelavano i piedi e non lo lasciavano dormire.
Allora accendeva la luce a lato del letto e guardava le foto che aveva appeso alle pareti.

Una fila di foto con inquadratura orizzontale e un'altra con quadro verticale. Erano la sua finestra sul dila'.
Facce che sorridevano, baci, ritratti, tamburi e danze.

Poi piano piano riprendeva sonno.

Sognava il suo mattone.
Il mattone cadeva e si sbrecciava. Lui lo raccoglieva con tutti i pezzi per reincollarlo. Ma l'ultimo frammento irrimediabilmente gli sfuggiva e cadeva di nuovo scheggiandosi in mille pezzi.
La scena si ripeteva e per quanto LukyLuke sapesse che l'ultimo pezzo gli sarebbe caduto non riusciva a smettere di incollare.

Per fortuna suonava la sveglia che lo salvava, come la campana salva il pugile alla fine del round.

Si alzava intirizzito e andava in bagno. Guardava l'orologio, le undici e mezza, Dila' . Gli altri di sicuro andavano a dormire.

Il vento della notte, la mattina, diventava piu' caldo e gli portava le loro voci, le loro lettere, i lori messaggi. Perfino lunghe conversazioni al telefono.

LuckyLuke pero' veniva preso dallo sconforto.
Chiamava in adunata il corteo che lo aveva seguito con la paura che nella notte si fossero perduti.

Invece erano sempre tutti li': chi bofonchiava,
chi dava consigli, chi semplicemente imparava a nuotare o aspettava i documenti.

Tutti scocciati di essere stati interotti nelle loro attivita'.
Che cosa vuoi? dicevano.
Pensavo vi foste allontanati troppo.
Dove stare attenti, qui le notti sono piu' buie e con stelle diverse, di giorno il sole passa a nord invece che a sud.

Si, LukyLuke, l'hai gia' detto.
Sembravano stupiti che lui avesse dubitato della loro presenza.

LuckyLuke si girava imbarazzato faceva finta di niente.
Imbandiva la tavola per la colazione e li chiamava di nuovo.
A tavola.

Cominciavano a mangiare seduti in giardino con il primo sole che riscaldava i piedi e scongelava i sogni.

Tostavano il pane e frullavano la frutta.

L'idea di dover mettere un altro mattone induceva LukyLuke ad affrettarsi, mentre dila' un motorino per strada faceva cambiare lato a quelli che dormivano.

Sunday, September 7, 2008

LuckyLuke nel nuovo mondo

All'arrivo nel Nuovo Mondo LuckyLuke si trovo' in una immensa stanza vuota.
Le pareti erano state dipinte da poco e bianche riflettevano la luce intensa diffusa dai vetri.
LuckyLuke non riusciva a abituarsi a quel bagliore vedeva tutto o bianco o nero,lucente o buio.

Non era la prima volta che LuckyLuke avrebbe dovuto riempire la stanza. Vi sono alcune cose che più uno le fa e meglio gli vengono: suonare il violino ad esempio, penso' soddisfatto LuckyLuke.
Altre invece più le fai e meno ne hai voglia gli rispose l'agente della dogana, che come tutti, gli agenti sapeva leggere il pensiero.
LuckyLuke si lascio' perquisire, lascio' che guardassero nei venti chili di bagaglio che aveva trascinato fino a li' come se non fossero suoi.
Questo sono io si diceva, e il doganiere scuotendo la testa diceva: queste sono le tue mutande.

LuckyLuke lo guardo' controluce.
Sembrava disinteressato e un po' annoiato, poteva anche avere ragione. Puo' andare gli disse, benvenuto. Scomparve anzi si dissolse.

LuckyLuke era rimasto solo nella stanza bianca, adesso gli sembrava piu' grande.
Si stese per terra e lascio' che il tempo passasse. Udiva solo il battito del suo cuore e il fruscio del suo respiro. Qualcuno verra' pensava tratti. Ma non aveva fretta.

Infatti, poco a poco, cominciarono a giungere gli altri. Ognuno portava un cestino di domande e una lista di impegni.
LuckyLuke sdraiato per terra li osservava dal basso.
L'impiegato della banca dalle dita lisce e ben curate gli stava chiedendo con accento di Hong Kong: "Quanti soldi mette sul nuovo conto?" Sbavava, risucchiava e ripeteva la domanda. Lo fece un milione di volte, sempre più eccitato. LuckyLuke sussurrava: molti, moltissimi, non si preoccupi. Sembrava la risposta giusta, l'impiegato strofinava le mani soddisfatto. LukyLuke distolse lo sguardo e comincio' a dire di si', nel vuoto, non sapeva bene sí a che cosa.

Apparsero i Colleghi, grandi strette di mano e grandi abbracci. Friggevano salsicce di canguro e parlavano con la bocca piena. Dai lati delle labbra a volte si staccavano briciole di pane che
rimbalzavano sulle piastrelle lucide della stanza e suonavano come se fossero biglie di vetro.
LuckyLuke le raccoglieva e le faceva rotolare, spingendole con il pollice e l'indice. Non riusciva a seguire i discorsi, pero' riconosceva un tentativo di affetto, di solidarieta', erano frasi amichevoli. Lui diceva di si' e sorrideva.

Passarono alcune albe e tramonti che LuckyLuke finse di non contare.

Ed ecco si alzo'.

Comincio' a disfare le valigie.

Da quei venti chili uscirono in fila indiana un corteo di accompagnatori.

Apriva una ballerina, con i capelli crespi, vestita di arancione.
Seguivano un signore coi capelli bianchi, una signora con i capelli bianchi, una donna-ragazza con i capelli scuri e un uomo coi baffi. Chiudeva un pagliaccio con la barba e gli occhialini da intellettuale, e poi due ragazze una riccia e l'altra coi capelli lisci, discutevano come stessero litigando.

LukyLuke sorrise perché sapeva che loro sapevano. E li lascio' entrare nella stanza vuota. I colleghi dovevano essersi addormentati per la differenza di fuso e nel sonno erano spariti.

LukyLuke guardo' la luna che sorrideva e preparo' un caffe'.

Sara' dura, disse la signora coi capelli bianchi e gli occhiali. Aveva l'aria preoccupata.
L'odore di caffe' si diffuse nell'aria e la ballerina dai capelli crespi si fermo' un momento.

Emise un sospiro e fu come se smettesse di sorridere. LukyLuke prese a cantare una nenia e lei riprese a muoversi lentamente con passi incerti.

LukyLuke servi' il caffe' e annui', sara' dura ripete'. Ma non piu' delle altre volte aggiunse il signore con la barba e i capelli bianchi. Sembrava fiducioso.

LuckyLuke annui', non troppo convinto, e il pagliaccio con barba e occhialini prese a discutere con la coppia di ragazze in disparte. Chissa' che si dicevano.

La donna-ragazza dai capelli neri aveva il ventre un po' piu' rotondo e con un gesto si aggiusto' una ciocca ribelle.