Thursday, January 8, 2009

Il ponte

Il ponte

Erano passati molti mesi da quando Lucky Luke era arrivato di qui.
Di qui cominciava ad esserlo un po' di piĆ¹ e di la' sembrava un ricordo,
un'altra dimensione di lui stesso, un odore di spezie o un sapore a cena,
un telefono che squillava a ore prefissate la sera materializzando sussurri e echi che avevano vagato per le tempie di LuckyLuke durante il giorno.

Di la' leggevano i giornali e raccontavano cosa succedeva nel mondo non qui non la' ma altrove. Lucky Luke aveva dimenticato che esistesse un altrove.
Si addormentava con il gracchiare dei rospi nello stagno del vicino e si svegliava con le grida dei bambini che andavano a scuola.

Ogni tanto era la buca delle lettere invece del telefono a portare le notizie del di la'. Quando erano troppo grandi, le notizie arrivavano dirette al davanzale della finestra sulla strada, che diventava porta sul di la, ponte tra il di qui dentro casa e il di la fuori.

Lucky Luke ogni mattina attraversava un ponte, uno vero. Una volta di andata la mattina e un'altra di ritorno la sera. Sotto, anche il fiume era di andata e di ritorno seguendo la marea.


Questo ponte era diverso da quelli dell'anno prima su cui le persone parevano volare.
Forse era a causa degli insetti che vi morivano ogni sera attratti dalle luci, storditi dal calore, riversi a zampe in aria cercando invano di ribalatarsi per tornare a volare. Stecchiti, il giorno dopo.

O forse per i morti di sotto, che dormivano sereni disseminati sul pendio, all'ombra di giganteschi alberi.

Panzon, con cui Lucky Luke aveva vissuto alcuni mesi, attraversava il ponte con la sua bici. Il primo tratto in discesa lo faceva senza frenare. Poi passava la prima curva a sinistra senza problemi e per quella piu' brusca a destra si inclinava al limite della tenuta di strada sperando che non arrivasse nessuno dall'altro lato. Alla fine rallentava prima dell'incrocio con la pista che veniva da sotto e toglieva le mani dal manubrio.
Si lasciava trascinare dalla lieve discesa senza piu' pedalare, lento osservando la corrente. Se, come capitava spesso, viaggiava in compagnia di Lucky Luke, si sentiva in dovere di aggiungere: Este es el momento mejor del dia.

Lucky Luke assentiva con un'aria partecipe senza pero' in cuor suo condividere a fondo.
Chissa' cosa riservava ancora il dia.
Certo e', che nella maggior parte dei casi, il dia finiva tra le quattro mura dell'ufficio davanti allo schermo di un computer.

LuckyLuke cercava di distogliere il pensiero da quell'idea guardando il suo albero. Aveva una ramificazione giusto all'altezza del ponte su cui avrebbe voluto sedersi, come un pascia' su un trono di legno intarsiato.

Da li Lucky Luke avrebbe potuto leggere nel fiume il tempo del giorno prima: le piogge intense producevano spesse coltri di foglie e tronchi, i giorni caldi filtravano le acque lasciandole di un nero inteso, specchi perfetti delle nuvole di passaggio.

Da un po' di tempo Lucky Luke non era piu' solo di qui. La ballerina ricciolina, uscita dalla valigia era apparsa una sera di Dicembre, o meglio l'otto, immacolata e senza bagaglio. Il giorno dopo era arrivato un baule arancione pieno di profumi vestiti e ricordi.

Per un po' di mesi si sarebbe fermata con Lucky Luke, per vedere come si trovava. Doveva imparare la lingua, assimilare il silenzio delle lunghe ore passate da sola e gli sbadigli con occhiaie di Lucky Luke durante le cene sempre in ritardo per problemi sul lavoro.

A volte, il sorriso della ballerina sembrava spegnersi su di un libro di grammatica. Altre si riaccendeva davanti a una lanterna in terrazza.
Lucky Luke la guardava dormire insonne in piena notte,
aspirava l'odore dei suoi ricci e l'abbracciava stretto.

Sapeva di casa il suo corpo.
Non per molto, presto si sarebbero dovuti spostare di nuovo.
Ma a Lucky Luke per quella notte non importava.
Si stava bene abbracciati stretti aspirando l'odore dei ricci.

Dale pequenha ponte alegre.