Monday, September 29, 2008

Il primo mattone

Lucky Luke raddrizzo' la schiena.
Non capiva quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che l'aveva fatto.
A giudicare dal dolore all'altezza dei reni e dalla pesantezza delle braccia dovevano essere passate diverse settimane.

Per un attimo gli si annebbio' la vista in una dissolvenza a nero ma subito il mondo riprese a splendere nel sole di mezzogiorno.

Intorno a lui non si sentiva altro che il ronzio dei grilli interrotto a tratti dal gracchiare rauco di un corvo impertinente.

Era tutto sudato,
si asciugo' la fronde con il palmo della mano e osservo' quell'unico mattone che aveva posato a fatica.
Era solo il primo penso'.

Essere il primo di molti lo rendeva insignificante, nessuno avrebbe notato un singolo mattone al centro della distesa di terra battuta.

Quel mattone pero' per LukyLuke aveva un fascino speciale, lui sapeva che un solo mattone non era finito li' per caso qualcuno doveva averlo posato e quel qualcuno era LukyLuke.

LukyLuke si senti' orgoglioso.
Si sedette , distese le gambe e socchiuse gli occhi.

Sulla strada di fronte si fermo' una jeep.
Una vecchia Toyota con argano e portapacchi.
Sembrava venire dall'interno del paese, forse dal deserto.

Ne scese un ragazzo sulla ventina, biondo dalle spalle larghe.
Lo guardo' dritto in faccia e gli disse con un ampio sorriso:
"Bel lavoro amico!"

LuckyLuke si scherni': "Ma dai, e' solo un mattone".

Il ragazzo gli tese una mano e con l'altra gli diede una pacca sulla spalla :
"E' il tuo primo mattone, amico, ottimo lavoro".

Poi parlarono di altro.
Il ragazzo racconto' entusiasta di come si modifica un motore per farlo andare a olio del Mc Donald.
LukyLuke ascoltava sbalordito, quel ragazzo la sapeva lunga.

Questi accese la jeep, saluto' e scomparve lasciando dietro a se' un intenso odore di pesce fritto.

LukyLuke torno a sedersi e stappo' la borraccia.
Trangugio' l' acqua fresca.
Dila' un giorno cosi' caldo sarebbe stato estate.

Di qui era solo primavera.
Durante la notte, venti freddi gli congelavano i piedi e non lo lasciavano dormire.
Allora accendeva la luce a lato del letto e guardava le foto che aveva appeso alle pareti.

Una fila di foto con inquadratura orizzontale e un'altra con quadro verticale. Erano la sua finestra sul dila'.
Facce che sorridevano, baci, ritratti, tamburi e danze.

Poi piano piano riprendeva sonno.

Sognava il suo mattone.
Il mattone cadeva e si sbrecciava. Lui lo raccoglieva con tutti i pezzi per reincollarlo. Ma l'ultimo frammento irrimediabilmente gli sfuggiva e cadeva di nuovo scheggiandosi in mille pezzi.
La scena si ripeteva e per quanto LukyLuke sapesse che l'ultimo pezzo gli sarebbe caduto non riusciva a smettere di incollare.

Per fortuna suonava la sveglia che lo salvava, come la campana salva il pugile alla fine del round.

Si alzava intirizzito e andava in bagno. Guardava l'orologio, le undici e mezza, Dila' . Gli altri di sicuro andavano a dormire.

Il vento della notte, la mattina, diventava piu' caldo e gli portava le loro voci, le loro lettere, i lori messaggi. Perfino lunghe conversazioni al telefono.

LuckyLuke pero' veniva preso dallo sconforto.
Chiamava in adunata il corteo che lo aveva seguito con la paura che nella notte si fossero perduti.

Invece erano sempre tutti li': chi bofonchiava,
chi dava consigli, chi semplicemente imparava a nuotare o aspettava i documenti.

Tutti scocciati di essere stati interotti nelle loro attivita'.
Che cosa vuoi? dicevano.
Pensavo vi foste allontanati troppo.
Dove stare attenti, qui le notti sono piu' buie e con stelle diverse, di giorno il sole passa a nord invece che a sud.

Si, LukyLuke, l'hai gia' detto.
Sembravano stupiti che lui avesse dubitato della loro presenza.

LuckyLuke si girava imbarazzato faceva finta di niente.
Imbandiva la tavola per la colazione e li chiamava di nuovo.
A tavola.

Cominciavano a mangiare seduti in giardino con il primo sole che riscaldava i piedi e scongelava i sogni.

Tostavano il pane e frullavano la frutta.

L'idea di dover mettere un altro mattone induceva LukyLuke ad affrettarsi, mentre dila' un motorino per strada faceva cambiare lato a quelli che dormivano.

Sunday, September 7, 2008

LuckyLuke nel nuovo mondo

All'arrivo nel Nuovo Mondo LuckyLuke si trovo' in una immensa stanza vuota.
Le pareti erano state dipinte da poco e bianche riflettevano la luce intensa diffusa dai vetri.
LuckyLuke non riusciva a abituarsi a quel bagliore vedeva tutto o bianco o nero,lucente o buio.

Non era la prima volta che LuckyLuke avrebbe dovuto riempire la stanza. Vi sono alcune cose che più uno le fa e meglio gli vengono: suonare il violino ad esempio, penso' soddisfatto LuckyLuke.
Altre invece più le fai e meno ne hai voglia gli rispose l'agente della dogana, che come tutti, gli agenti sapeva leggere il pensiero.
LuckyLuke si lascio' perquisire, lascio' che guardassero nei venti chili di bagaglio che aveva trascinato fino a li' come se non fossero suoi.
Questo sono io si diceva, e il doganiere scuotendo la testa diceva: queste sono le tue mutande.

LuckyLuke lo guardo' controluce.
Sembrava disinteressato e un po' annoiato, poteva anche avere ragione. Puo' andare gli disse, benvenuto. Scomparve anzi si dissolse.

LuckyLuke era rimasto solo nella stanza bianca, adesso gli sembrava piu' grande.
Si stese per terra e lascio' che il tempo passasse. Udiva solo il battito del suo cuore e il fruscio del suo respiro. Qualcuno verra' pensava tratti. Ma non aveva fretta.

Infatti, poco a poco, cominciarono a giungere gli altri. Ognuno portava un cestino di domande e una lista di impegni.
LuckyLuke sdraiato per terra li osservava dal basso.
L'impiegato della banca dalle dita lisce e ben curate gli stava chiedendo con accento di Hong Kong: "Quanti soldi mette sul nuovo conto?" Sbavava, risucchiava e ripeteva la domanda. Lo fece un milione di volte, sempre più eccitato. LuckyLuke sussurrava: molti, moltissimi, non si preoccupi. Sembrava la risposta giusta, l'impiegato strofinava le mani soddisfatto. LukyLuke distolse lo sguardo e comincio' a dire di si', nel vuoto, non sapeva bene sí a che cosa.

Apparsero i Colleghi, grandi strette di mano e grandi abbracci. Friggevano salsicce di canguro e parlavano con la bocca piena. Dai lati delle labbra a volte si staccavano briciole di pane che
rimbalzavano sulle piastrelle lucide della stanza e suonavano come se fossero biglie di vetro.
LuckyLuke le raccoglieva e le faceva rotolare, spingendole con il pollice e l'indice. Non riusciva a seguire i discorsi, pero' riconosceva un tentativo di affetto, di solidarieta', erano frasi amichevoli. Lui diceva di si' e sorrideva.

Passarono alcune albe e tramonti che LuckyLuke finse di non contare.

Ed ecco si alzo'.

Comincio' a disfare le valigie.

Da quei venti chili uscirono in fila indiana un corteo di accompagnatori.

Apriva una ballerina, con i capelli crespi, vestita di arancione.
Seguivano un signore coi capelli bianchi, una signora con i capelli bianchi, una donna-ragazza con i capelli scuri e un uomo coi baffi. Chiudeva un pagliaccio con la barba e gli occhialini da intellettuale, e poi due ragazze una riccia e l'altra coi capelli lisci, discutevano come stessero litigando.

LukyLuke sorrise perché sapeva che loro sapevano. E li lascio' entrare nella stanza vuota. I colleghi dovevano essersi addormentati per la differenza di fuso e nel sonno erano spariti.

LukyLuke guardo' la luna che sorrideva e preparo' un caffe'.

Sara' dura, disse la signora coi capelli bianchi e gli occhiali. Aveva l'aria preoccupata.
L'odore di caffe' si diffuse nell'aria e la ballerina dai capelli crespi si fermo' un momento.

Emise un sospiro e fu come se smettesse di sorridere. LukyLuke prese a cantare una nenia e lei riprese a muoversi lentamente con passi incerti.

LukyLuke servi' il caffe' e annui', sara' dura ripete'. Ma non piu' delle altre volte aggiunse il signore con la barba e i capelli bianchi. Sembrava fiducioso.

LuckyLuke annui', non troppo convinto, e il pagliaccio con barba e occhialini prese a discutere con la coppia di ragazze in disparte. Chissa' che si dicevano.

La donna-ragazza dai capelli neri aveva il ventre un po' piu' rotondo e con un gesto si aggiusto' una ciocca ribelle.